CHIESA E CONVENTO DI SANTA MARIA A CASTRO
Sulle pendici del Monte S.
Angelo a tre Pizzi a quota 364 m. s.l.m. è ubicata la Chiesa di Santa
Maria a Castro, con
annesso convento di S. Domenico, che domina il
vallone Fontanella e spazia la vista sull’abitato di Vettica Maggiore,
Positano fino ai Galli e l’isola di Capri. Il luogo dedicato al culto fin
dalle prime antropizzazioni, per l’impareggiabile bellezza della natura e
per la solennità della solitudine, potrebbe giustificare la forma di ara
sacrificale, inglobata nella prima navata, che certamente costituì il primo
nucleo della Chiesa, sviluppatasi in ere successive fino a comprendere le
cinque campate odierne.La prima notizia scritta fino ad oggi ritrovata
risale al 2 ottobre 1599. Da essa risulta che il notar Censone stipulò un
atto nel convento annesso alla chiesa di Santa Maria della Sanità in Napoli,
tra l’Università di Praiano e Vettica Maggiore che possedeva
ab antiguo la Chiesa di Santa Maria a Castro
amministrandone i beni. Con tale atto l’Università concedeva ai Frati
Domenicani la chiesa impegnandosi a costruire il convento annesso.Il
convento articolato su due livelli presenta quattro celle al primo piano e
cucina e forno, refettorio e cisterna al piano sottostante. Particolarmente
interessante il gioco delle volte di copertura del primo piano, che tra
l’altro, presentano un doppio ordine di volte, sistema diffuso nell’area
amalfitana, (vedi convento santa Rosa in Conca dei Marini) che assicurava
una perfetta coibentazione.Il restauro statico e conservativo ha
ripristinato le volte di copertura che risultavano parzialmente tagliate per
l’inserimento di un tetto, poi crollato. E forse proprio il non presentare
caratteristiche di peculiari componenti architettoniche fa sì che questa
struttura si inserisca quasi mimetizzandosi in un ambiente che
le si avvolge attorno creando quella maestosità che rende il sito
pregno di sacralità e mistero. E’ un rifugio mistico che nella sua
essenzialità di elementi si inserisce nello
splendore della natura
circostante congiungendo l’umano e il divino. Nella Chiesa di S. Maria ad
Castro rimane inalterata da secoli la venerazione di una immagine
comunemente denominata la Madonna delle Grazie per il valore taumaturgico da
sempre conferitole.Si tratta in effetti di un grande dipinto ad affresco che
occupa l’intero catino absidale della navata sinistra dell’edificio,
costruita per concessione papale nel 1430 (Pergamena n° 297, datata 3 giugno
1430, Il Indizione. Amalfi).La rimozione di un corpo di fabbrica e stucco di
epoca settecentesca ha permesso l’intera lettura dell’opera che si sviluppa
su due ordini. Il registro superiore è occupato dall’immagine ieratica del
Cristo benedicente, affiancata dalle figure dei Santi Pietro e Paolo ed
angeli; la parte inferiore della Vergine con il Bambino in trono, con angeli
musici e santi. L’iconografia di questi ultimi non consente una precisa
identificazione, ma c’è da registrare che il santo in abito vescovile,
raffigurato alla destra di chi guarda, è una riedizione dell’originale, di
cui si intravedono alcuni particolari (il ricciolo del pastorale e la mitra
vescovile) che emergono dal nuovo intonaco. Sulla sinistra, al di sotto del
giovane santo con la penna ed il libro, forse San Giovanni
Evangelista, si sciorina una piccola processione composta da
personaggi in abiti “ moderni” , da identificare presumibilmente con i
donatori dell’opera. Il perno ideale della composizione è costituito dalle
volumetrie del Cristo e della Madonna, intorno al quale sembrano ruotare gli
altri personaggi. Il Cristo seduto sul trono, di iconografia tardivamente
bizantina, e la Madonna , inserita nella moderna architettura classica del
trono-baldacchino, organizzando lo spazio in maniera calcolata : in esso
prendono posto , secondo un disegno ben programmato, gli angeli e i santi. Ciò
dà ad intendere che l’anonimo artista, nel momento in cui si accingeva
a realizzare il dipinto , fosse pienamente al corrente delle istanze
pittoriche rinascimentali che andavano maturando nella Napoli aragonese e in
tutta l’area mediterranea , a partire dalla metà del XV secolo. L’intuizione
del rapporto prospettico tra forma , luce e colore a cui l’opera è
improntata denota l’assimilazione e la personale elaborazione della grande
lezione di Piero della Francesca.
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Esterni del complesso monumentale di Santa Maria a Castro | Particolare affreschi | |