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Al turista non
troppo distratto che si attarda per una visita tra le stradine e le
scalinatelle di Praiano, non può sfuggire il profondo senso religioso
che anima gli abitanti di questa parte quasi estrema della Costiera
Amalfitana. Le numerose chiese non poche in disuso o dirute
intensamente concentrate su un lembo di terra scoscesa per poco più di
un migliaio di abitanti, i numerosi tempietti ed edicole votive di
antica o recente data, in affresco o ceramica, stanno a testimoniare
l'essenza di una fede del singolo e della collettività. Una devozionalità quindi che affonda la sua genesi in tempi antichissimi,
anzi ha inizio proprio nella origine degli insediamenti abitativi.
Al di là di ogni possibile lettura ed
interpretazione, i tempietti, le “riggiole" votive poste nei luoghi di
transito hanno una loro primaria finalità religiosa, con fenomenologie
da definire più mitiche che magiche. L'immagine nel tempietto o sul muro
di una casa o quello di contenimento di un macéro diventa un prodotto di
un mondo originario ed intenso di una religiosità privata e pubblica. E
se aspetto magico vi si dovesse ravvisare, esso va ricondotto soltanto
all' habitus mentale dell'osservatore, che riesce a cogliere per propria
sensibilità e predisposizione verso questo prodotto, una magia, un
fascino che non investe la totalità dei fruitori del messaggio
iconografico.
Nel tempo in cui i faenzari vietresi realizzavano le loro opere
scrive Giovanni Cappetti non c'erano remore culturali per
l’espressione della propria fede; anzi era addirittura un vanto dare
pubblica veste alla propria devozione. E perciò le icone vanno lette non
come espressione d'arte - anche se alcune di esse hanno tutti i carismi
dell'opera d'arte ma soltanto ed esclusivamente come espressione di
fede... Esse sono un vero signum e sono state realizzate, lette e
vissute come segno e non come immagine, rappresentazione od oggetto di
culto".
D'altra parte sin dall'inizio della sua avventura generazionale l'uomo
ha sentito il bisogno di crearsi un rapporto con un livello superiore,
una entità capace di proteggere i suoi passi, accompagnarlo nel cammino,
preservarlo dalle insidie, aiutarlo nelle difficoltà. Per questo da
sempre l'uomo ha cosparso di immagini sacre le sue dimore, i luoghi
della sua quotidianità, le strade dei suoi tragitti abituali. I
signes venivano una volta chiamati lares compitales, aedicuiae
patentes, erme le cui testimonianze sono ancora visibili nelle aree
e nei musei archeologici di età etrusca, greca e romana; erano forme
arcaiche di "un sentimento popolare espresso quasi in termini di
segnaletica socio-religiosa", forme che, passate dal mondo pagano
a quello cristiano, giungerebbero nel tardo Rinascimento ad allacciarsi,
senza apparente soluzione di continuità, con la storia devozionale di
oggi e con la targa ceramica.
La realizzazione e collocazione dì una "riggiola”, di una targa, di un
pannello ceramico conserva primariamente e sempre il carattere di una
devozionalità popolare. Il suo inserimento o la sua offerta al culto
avveniva in un luogo di passaggio, sia esso una strada o un incrocio o
un androne di portone o un primo pianerottolo, affinché potesse godere
della massima fruizione popolare.
Molto spesso questo inserimento tiene conto della struttura urbanistica.
I tempietti di Praiano ne sono uno splendido esempio, in quanto riescono
ad armonizzare le esigenze strutturali della ospitalità religiosa con
l'ambiente circostante dove molto spesso risulta difficile inserire
qualcosa al di là di una nicchietta o di un piccolo abbellimento con
stucchi. Il popolo ha scritto Giovanni Cappetti è sempre sano e preciso
nelle sue manifestazioni spontanee. Nessuna indulgenza alla bellezza o
alla calligrafia; ma solo attenzione alla realtà spirituale di cui
l'immagine è segno.
Non
è quindi importante che, in ceramica, il santo o la Madonna abbia i
connotati della perfezione pittorica delle tele che vengono, dai grandi
pittori, realizzate per le chiese e i palazzi dei nobili e dei prelati
rinascimentali. Non è importante che abbia connotati eterei, celestiali,
anzi spesso ha le connotazioni dei volti del vicino, dell'
amico.
Tratto da "Le
edicole votive" di Vito Pinto De Luca Salerno.
Foto
di Giovanni Scala
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